Neuroscienze

Vi sarete chiesti come mai alcune persone hanno un senso dell’orientamento molto più sviluppato di altre e sanno in ogni momento verso quale punto cardinale dirigersi per arrivare ad una destinazione. Questa capacità è
una innata capacità di orientamento che nel cervello umano è garantita da una zona dell’ippocampo, la corteccia entorinale.
Alcuni nuovi studi pubblicati sulla rivista “Current Biology” e condotti da Hugo Spiers e dai suoi colleghi del Wellcome Trust Institute, hanno fatto luce in modo ancora più specifico sulle conoscenze relative al “sistema interno di navigazione” dei mammiferi, già scoperto dalle ricerche di John O’Keefe, dell’University College of London, di May-Britt custom english essays Moser ed Edvard Moser, insigniti proprio quest’anno del Nobel per la medicina.
Che cosa ci serve per riuscire ad arrivare a destinazione? Due informazioni risultano rilevanti: in che direzione siamo orientati e in che direzione dobbiamo muoverci. Gli studi
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di Spiers e colleghi hanno dimostrato che la corteccia entorinale elabora entrambe i tipi di informazione ed è responsabile della “qualità” delle informazioni ponendosi come determinante nella capacità individuale di orientamento. Queste osservazioni vengono confermate anche dalle interviste condotte a tassisti di alcune città i quali individuano nel calcolo della direzione verso la quale devono muoversi, la prima operazione mentale che attuano durante un tragitto.
Spiers e i ricercatori hanno attuato con un gruppo di volontari un test di orientamento registrando, mediante risonanza magnetica funzionale, l’attività cerebrale degli stessi soggetti coinvolti. I
risultati hanno evidenziato che l’intensità e la coerenza dei segnali nella regione entorinale influenza le prestazioni dei soggetti durante il compito. Ciò indica che la ‘bussola interna’ di ognuno si riconfigura man mano che ci muoviamo nell’ambiente. Quando capita ‘di perdersi’ dopo diversi cambi di direzione, ciò è dovuto al fatto che il cervello non è riuscito a correggere la direzione in cui ci si è voltati in funzione della direzione corretta per raggiungere la meta prefissata.
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Queste scoperte potrebbero avere importanti risvolti clinici
poiché la corteccia entorinale è la prima a essere compromessa nelle patologie neurodegenerative come quella dell’ Alzheimer. Monitorando l’attività di questa regione si potrebbe arrivare ad una diagnosi più precoce del disturbo.